Alcuni ricercatori statunitensi della Cornell University spiegano, in uno studio pubblicato su Molecular Biology and Evolution, che le popolazioni che per centinaia di generazioni hanno mantenuto una dieta principalmente vegetariana hanno sviluppato una mutazione genetica che, seppure apportatrice di alcuni benefici, potrebbe anche contribuire ad aumentare il rischio di cancro e malattie cardiache.
Lo studio
Gli scienziati hanno comparato centinaia di genomi di una popolazione principalmente vegetariana di Pune, in India, con quelli di persone tradizionalmente onnivore del Kansas riscontrando significative differenze. La mutazione riguarda il gene FADS2 che controlla la produzione di acidi grassi nel corpo. “Questa – spiega Tom Brenna, professore della Cornell – è apparsa nel genoma umano tempo fa e si è tramandata”, nelle generazioni successive in popolazioni con una dieta vegetariana. “Coloro che hanno antenati vegetariani sono più inclini a portare caratteristiche genetiche connesse ad un metabolismo più rapido degli acidi grassi provenienti dalle piante”, afferma Brenna. Tuttavia, come effetto a catena, tale mutazione incrementa anche la produzione di acido arachidonico – legato all’aumento di malattie infiammatorie e cancro – se abbinato a una dieta ricca di oli vegetali, come l’olio di semi di girasole.
“Il messaggio per i vegetariani è semplice – aggiunge – Usino oli vegetali con basso contenuto di acido linoleico Omega-6, come l’olio d’oliva”. Oltre all’India, il gene modificato è stato riscontrato anche in buona parte di altre popolazioni con dieta per lo più vegetariana di Asia e Africa. La scoperta inoltre è duplice: una diversa versione del gene (l’allele) adattata alla dieta marina è stata individuata nella popolazione degli Inuit in Groenlandia, che hanno una dieta per lo più a base di pesce.